Investimenti in start-up in Italia in calo del 63%: le cause e le conseguenze
Dati riportano che nel primo trimestre del 2023 l’ammontare investito in startup italiane sia all’incirca di 160 milioni di euro. Ad inizio 2022 erano invece stati raccolti ben 420 milioni. La diminuzione è dunque evidentemente netta e di ben il 63%. Il numero di operazioni stesse è inoltre passato da 93 do inizio 2022 al 49 attuale. Ovvero il 47% in meno.
A che cosa è dovuta? Scopriamolo insieme!
Indice
Startup: la situazione italiana a inizio 2023
I dati sulle startup registrati nel primo trimestre del 2023 sono a dir poco allarmanti per il futuro dell’ecosistema innovativo italiano. Uno dei motori di crescita più importanti in ambito startup sono infatti proprio un determinato tipo di investimenti. Quelli in capitale di rischio su aziende non quotate ad alto potenziale innovativo.
Purtroppo i dati non sorprendono però più di tanto. Confermano infatti un trend nato a fine 2022, dove la diminuzione annua ammontava già 171 milioni. La situazione generale non è così favorevole a finanziamenti di taglio ampio. Mancano infatti da molto ormai investimenti da oltre 100 milioni di euro.
Le cause di tale cambiamento vanno a ricercarsi nel più ampio contesto del mondo finanziario:
- stretta delle grandi Banche Centrali all’economia;
- rialzi dei tassi di interesse;
- alta incertezza finanziaria e politica causata dalla guerra in Ucraina.
Tutti questi fattori uniti insieme hanno fortemente influenzato le scelte degli operatori istituzionali e di conseguenza la diminuzione dei capitali circolanti. Il calo è quindi generalizzato e non limitato agli investimenti nelle startup innovative italiane.
Investimenti nelle startup in calo: un problema globale
Come abbiamo analizzato poco fa, gli investimenti nelle startup nel primo trimestre del 2023 ammontano al 45% in meno dello stesso periodo nel 2022.
Dopo due anni di grande crescita, il calo fisiologico e rispecchia la frenata mondiale del settore dovuta anche alle crisi attuali. L’andamento discendente è infatti globale, non prettamente correlato all’Italia.
Nel primo trimestre del 2023 il finanziamento mondiale si è fermato a soli 76 miliardi di dollari. Un declino del 53% rispetto all’anno precedente. Un calo ripartito equamente tra le fasi del ciclo di vita delle imprese. In Europa nel 2022, dopo 108,9 miliardi di finanziamenti raccolti nel 2021, la rotta si è invertita, totalizzando solo 91,6 miliardi.
Le motivazioni della discesa dei finanziamenti all’innovazione sono di certo anche una conseguenza di ciò che accade nel mondo startup. Lo storico degli investimenti nel settore rivela che 2021 e 2022 sono stati gli anni migliori. Da sempre in crescita graduale, gli investimenti in startup sono letteralmente esplosi all’indomani della pandemia. A loro favore:
- fase espansiva dell’economia;
- favorevole condizione del sistema economico
- basso costo del denaro,
- enorme immissione di capitali nei mercati;
- clima positivo per digitale ed innovazione.
Italia: un’ ecosistema immaturo
Grandi imprese e governi hanno dunque spinto verso un cambiamento radicale in campo tecnologico. Ma l’esuberanza del mercato ha portato spesso a eccessi che ora stanno subendo una normalizzazione.
Il 2023 è l’anno del ritorno all’ordine. È un fatto fisiologico, determinato anche dalle prese di beneficio di alcuni investitori.
Ma oltre agli alti e bassi del ciclo economico è necessario anche considerare un altro fattore. Ovvero il calo di fiducia seguito alle crisi bancarie tra USA ed Europa.
In particolare, il collasso di Silicon Valley Bank ha prodotto un enorme danno alla possibilità di ottenere finanziamenti per le startup mondiali. La sua fine ha mostrato come investire in un contesto dai rischi alti non sempre va per il meglio. E ciò ha inciso molto sull’atteggiamento dei finanziatori.
Inoltre il panorama del mercato italiano che si offre a investitori e imprenditori è quello di un ecosistema immaturo. Soprattutto ove paragonato a quello dei Paesi circostanti. E non è un caso se, nel bel mezzo di una contrazione degli investimenti, un solo dato cresce. Ovvero gli investimenti in realtà estere fondate da imprenditori italiani. La raccolta di queste imprese espatriate è passata da 83 milioni di euro nel 2022 a 130 milioni di inizio 2023.
I dati appena visionati sembrano esplicitare che l’Italia non sia pronta ad accogliere al meglio giovani imprese ed imprenditori orientati al futuro. Ma è davvero così?
2023: l’anno del processo di normalizzazione
Ad oggi sia la crisi sia gli ingenti stimoli della ripresa sono rientrati. Il processo di normalizzazione è in atto.
Il 2021 e il 2022 hanno rappresentato una stagione di grandi opportunità per le nuove startup. In due anni sono passate dalle 12.068 di ottobre 2020 alle 14.708 di ottobre 2022. Una crescita resa possibile, dall’impennata di finanziamenti privati e dal PNRR. Grazie agli incentivi nel 2022 sono stati attivati 89 milioni di euro di investimenti. Portando ad una conseguente crescita di digitalizzazione e sostenibilità.
Ad oggi sia la crisi sia gli ingenti stimoli della ripresa sono rientrati. Il processo di normalizzazione è in atto.
Per la prima volta post pandemia le nuove startup devono confrontarsi col mercato e affrontare a viso aperto i rischi che il domani riserva loro.
È normale che, dopo un periodo di grande entusiasmo, il settore passi attraverso un vaglio che rafforza le imprese solide e con alta economicità.
D’altra parte è di certo necessario che il nostro Paese sciolga alcuni fondamentali nodi burocratici e normativi. Tra cui principalmente il rinnovamento e la razionalizzazione dello Startup Act. In che modo? Con la costituzione di un nuovo testo unico che riassuma tutte le norme emanate in materia da allora.
Fare chiarezza è la chiave per riuscire ad attirare chi, da fuori, vuole investire in Italia e nelle imprese italiane, ma non sa come agire.
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