Imprese in Italia: under 35 in calo e dal 2011 perse 185mila aziende
Qual è la situazione delle imprese in Italia? Il nostro Paese ha vissuto numerosi cambiamenti cruciali negli ultimi anni che hanno cambiato l’aspetto delle attività italiane. Questi, come è facile intuire, hanno colpito sia le attività di lunga data che le imprese appena nate.
Il dato interessante riguarda, però, le imprese che hanno come titolari o la maggioranza dei soci giovani al di sotto dei 35 anni. È emerso che nel corso degli ultimi 11 anni, dal 2011 al 2022, le attività under 35 sono calate drasticamente.
È stato notato, nello specifico, che tra il 2019 e il 2020 sono scomparse circa 200mila imprese in mano ai giovani. Tra queste vanno considerate non solo quelle che sono fallite, ma anche quelle che sono passate o tornate sotto la guida di figure più mature.
La pandemia ha avuto sicuramente un peso notevole: tutta l’economia italiana è stata colpita dalle chiusure, distanziamenti e modifiche nella abitudini d’acquisto. Tuttavia non è l’unica ragione. I motivi di questa situazione affondano le loro radici in tempi precedenti e sono collegati all’invecchiamento della popolazione e alla struttura stessa dell’imprenditoria in Italia.
Ad ogni modo, la situazione in Italia non è omogenea e compaiono nette differenze tra alcune città. Inoltre, le politiche di sostegno a favore dei giovani imprenditori sembrano essere un segno positivo per un cambiamento futuro.
I numeri e i settori delle imprese under 35
Potremmo dire che le imprese in Italia non sono più giovani come una volta. Negli ultimi undici anni, dal 2011 al 2022, le imprese che hanno come titolari o la maggioranza dei soci giovani con meno di 35 anni sono diminuite del 25% circa. Un quarto del totale dell’imprenditoria totale del Paese, dunque, ha come titolari uomini e donne con un’età superiore ai 35 anni oppure sono attività scomparse del tutto e non rimpiazzate.
Ma che tipo di imprese sono? Le imprese giovani sono soprattutto ditte individuali. Il settore prevalente è quello del commercio dove opera oltre il 25% degli imprenditori giovani. Questo settore, tuttavia, è stato anche il più colpito dal calo. Il trend in discesa è stato dettato con molta probabilità dalla presenza di grandi piattaforme con cui non era possibile competere, soprattutto in periodi particolarmente difficili come i mesi della pandemia.
Gli altri settori più gettonati sono:
- costruzioni, scelto dal 12% dei giovani imprenditori
- ristorazione, con 11% di proprietari under 35
- agricoltura, che ha attirato il 10% degli investimenti.
Le cause del fenomeno
Se si va a guardare le cause che hanno portato a questo calo se ne possono incontrare almeno cinque: la generale crisi economica dovuta alla pandemia da Covid e alle conseguenti restrizioni, la struttura dell’imprenditoria italiana, generale invecchiamento della popolazione e l’attuale organizzazione delle forze economiche, nonché una pressoché assente cultura finanziaria.
Come è facile immaginare, la chiusura forzata delle attività per lunghi periodi e l’impossibilità di generare profitto ha portato al fallimento di alcune imprese. Questo fenomeno ha riguardato tutta l’imprenditoria italiana e, quindi, anche le attività guidate dagli under 35. Tuttavia, questo evento ha dato soltanto una spinta a un trend che, abbiamo visto, è cominciato molto tempo prima.
Un altro fattore determinante è legata al tipo di aziende che caratterizza il nostro Paese. L’imprenditoria italiana, infatti, è formata per lo più da piccole attività a proprietà e gestione familiare. In questi contesti il ricambio generazionale è piuttosto complesso.
La terza ragione del calo delle imprese giovani è il generale invecchiamento della popolazione: la carenza di giovani rispetto agli anni precedenti ha portato a una mancanza di imprenditori che potessero avviare nuove attività o sostituire nella guida titolari più anziani.
Da prendere in considerazione è, anche, l’attuale carenza di potere d’acquisto della popolazione più giovane: fondare un’impresa necessita di un capitale iniziale che spesso i più giovani non hanno. Tuttavia, proprio la presa di consapevolezza da parte delle forze politiche di questa problematica ha permesso di avviare negli ultimi anni una serie di interventi che potrebbero incentivare e sostenere chi vuole mettersi in proprio.
L’ultimo fattore è la cultura finanziaria dei giovani: la scuola non offre ai giovani le nozioni necessarie per poter comprendere come funziona e avviare un’impresa e ragionare su tutti i fattori economici che ci sono alle spalle. Lo stesso avviene in famiglia, a meno che non si gestiscano già delle attività. Lo spirito imprenditoriale viene così disincentivato e l’avvio di un’attività appare sempre più come qualcosa di rischioso e complesso.
La distribuzione geografica
Il calo delle imprese under 35 non è omogeneo in tutto il Paese e, per fortuna, ci sono anche alcune città che presentano un trend inverso. La città di Bolzano, per esempio, ha visto negli ultimi anni un incremento delle attività possedute da giovani, seguita da Trieste, Piacenza, Monza e Brianza e Torino.
Le cinque regioni che hanno perso il maggior tasso di attività giovani tra il 2019 e il 2022 sono quasi tutte al Centro-Sud, con Macerata la provincia più colpita. Qui, infatti, la perdita è stata del -19,6% nel triennio e del -12,2% nel 2021. Non meno grave è la situazione a Isernia e Campobasso con cali rispettivamente del 15,8% e del 15,7% nei tre anni. Nel complesso, le Marche hanno perso poco più di un terzo delle aziende under 35. Infocamere e Uniconcamere hanno stimato che il calo si aggira intorno al 33% dal 2011 al 2022.
Il caso di Rovigo, invece, è strettamente legato alla questione demografica. Il forte calo del numero dei residenti ha portato a un generale calo demografico e quindi perdita di giovani imprenditori.
Tuttavia, bisogna dire che nonostante i forti cali e le alte percentuali di attività imprenditoriali di giovani al di sotto dei 35 anni, il Mezzogiorno resta la regione più ricca di imprese di proprietà di giovani under 35. La Campania conta l’11,3% delle imprese sul totale, seguita dalla Calabria con l’11%, dalla Sicilia con il 10,1%, dalla Puglia con il 9,9%, e dalla Basilicata 9,5%.
Quelle che, invece, vivono un in una situazione più complessa sono Marche, Emilia Romagna con il 7,1%, seguite da Friuli Venezia Giulia, Veneto e Umbria che hanno sul totale delle imprese solo il 7,3% di attività giovani.
Misure di intervento per le imprese giovanili
La mancanza di capitali da investire per far nascere una nuova impresa è, come abbiamo visto, una delle ragioni per cui i giovani non fanno imprenditoria e non avviano nuove attività. Bisogna dire, però, che negli ultimi anni le forze politiche hanno iniziato a comprendere l’importanza di avere attività gestite da forze nuove e che l’assenza di fondi è uno degli ostacoli principali. Per questa ragione hanno avviato diverse politiche di intervento e sostegno.
Una di esse è sicuramente la facilitazione dell’apertura della Srl grazie a una procedura semplificata: questo permette di aprire una nuova società senza il coinvolgimento di un notaio.
Con “Resto al Sud”, invece, si dà una forte spinta all’imprenditoria del Mezzogiorno. La sovvenzione consiste in un fondo perduto al 50% e di un finanziamento bancario garantito dal Fondo di Garanzia per le Pmi. I grandi risultati di questo intervento è stato tale che nel tempo la soglia di età per accedervi è stata innalzata fino a 55 anni.
L’altro incentivo è “On – Oltre. Nuove imprese a tasso zero“. Questa sovvenzione è rivolta a giovani tra i 18 e i 35 anni che vogliono avviare piccole e micro imprese, ma anche a donne di qualsiasi età. La sovvenzione vede la fusione di tasso zero e contributo a fondo perduto per progetti d’impresa con spese fino a 3 milioni di euro e coprire, quindi, fino al 90% delle spese totali.