Docente: quando può lavorare anche nel settore privato?
Per arrotondare lo stipendio o anche solo per disponibilità di tempo un docente della scuola pubblica prima o poi si pone una domanda. Vale a dire “Posso lavorare anche nel settore privato?” la risposta non è così semplice in quanto varia a seconda del caso in esame. Normalmente infatti il settore pubblico prevede l’esclusività dei rapporti professionali.
A livello legale vale l’equivalenza fra istruzione pubblica e privata, tanto che questo pesa anche sui contributi versati e la carriera dell’insegnante Ad esempio contano come anni di servizio pre ruolo i periodi svolti dal professionista all’interno di istituti paritari. La questione sul doppio lavoro però è molto diversa e vedremo di seguito come la si considera.
Il caso del docente con impiego a tempo pieno
Prima di tutto prendiamo il caso di un insegnante che già lavori 18 ore a settimana (nel caso delle scuole medie) o 24 ore (per le elementari) e valuti l’idea di un secondo impiego. La risposta che giunge immancabilmente è che si tratta di una richiesta non ammissibile oltre che inconciliabile dato che viene richiesto un rapporto esclusivo.
Per arrotondare un docente ha comunque alcune alternative che non prevedono di stabilire altri rapporti di lavoro. Può ad esempio può darsi disponibile per attività extrascolastiche o per i corsi di recupero estivi prima degli esami di riparazione di settembre. Basta che non firmi un contratto esterno alla scuola dove è già di ruolo.
Le soluzioni non finiscono qui. Anche coprendo come supplente le ore dei colleghi assenti viene contato oltre la retribuzione prevista, e durante l’anno può presentarsi più volte l’occasione. Infine si può valutare di proporsi quando possibile come coordinatore di classe o responsabile di plesso, che in quanto ruoli di responsabilità prevedono un leggero aumento annuale.
Chi sperasse di approfittare nell’orario pomeridiano per dare ripetizioni magari con partita IVA resta disilluso allo stesso modo. Per di più questo limite imposto dall’impiego pubblico non si limita ai docenti ma riguarda anche il personale ATA. Né chi lavora in segreteria né chi si occupa delle pulizie può sfuggire a questa regola.
L’eccezione prevista per il part-time
Se chi lavora a tempo pieno non ha spazio di manovra, lo stesso non si può dire per un docente con incarico a tempo parziale. A garantire una maggiore libertà a chi a scuola esercita la sua professione limitandola a circa 12 ore è sancita dal CCNL/2007. Per la precisione a sostenerlo è il comma 9 dell’articolo 18.
Tale comma stabilisce che in seguito all’approvazione del dirigente scolastico un insegnante part-time possa fornire altre prestazioni lavorative. Questo vale sia per altri incarichi di lavoro nel settore pubblico che per quello privato. Tali rapporti di lavoro però non dovranno condizionare l’incarico principale che rimarrà quello di docente nel pubblico.
Si precisa anche che qualora inizi a svolgere un altro lavoro l’insegnante è tenuto a comunicarlo entro un massimo di almeno 15 giorni. Se l’approvazione del preside non perviene allora il professionista può essere soggetto a sanzioni. Inoltre rischia di dover comparire di fronte al giudice contabile che si occupa della giurisdizione relativa alla contabilità pubblica.
Tra le mansioni considerate compatibili con l’incarico dei docenti ci sono per esempio quelle espletate attraverso cooperative (es. doposcuola, laboratori didattici). Lo stesso vale per le prestazioni di lavoro autonomo che non richiedano di essere iscritti a un albo dei professionisti, ad esempio con codici ATECO generici.
Il periodo di aspettativa per il docente
Una volta entrati di ruolo nella scuola c’è la possibilità di richiedere per una volta l’essere messi in aspettativa per un anno. Si tratta di un periodo di 12 mesi in cui non si riceve retribuzione e che di fatto si può comparare a un anno sabbatico per l’insegnante. Si conserva il diritto al posto nella scuola pubblica, ma per tutta la sua durata si può esercitare un’altra professione.
In generale per presentare la richiesta di aspettativa non servono motivi precisi, in genere si possono addurre ragioni personali o legate a problemi familiari. Anche in questo caso però l’ultima parola spetta al dirigente scolastico, che valuta se si tratti di motivazioni sufficientemente gravi per esonerare il docente dal ruolo.
In caso si decida di lasciare la scuola per un altro incarico lavorativo però o si deve specificare che la ragione è questa. Dato che è ammessa dal comma 3 dell’articolo 8 del CCNL/2007 non c’è ragione di celarlo. In caso la nuova professione dovesse cessare prima del previsto il preside può reintegrare l’insegnante non appena questo glielo comunichi.
L’aspettativa non retribuita si può anche richiedere in periodi frazionati se un anno appare troppo lungo. Non è ammissibile però che superi i 2 anni e mezzo unendo le diverse “pause” fra di loro, nel corso di 5 anni. Una volta terminata l’aspettativa occorrono diversi mesi di servizio continuativo per compensare.
Incarichi incompatibili per il docente pubblico
- Esercitare attività come imprenditore, in qualsiasi forma.
- Essere socio all’interno di una società privata.
- Svolgere incarichi come giornalista o pubblicista, anche per riviste online.
- Far parte di imprese agricole, anche se a conduzione familiare.
- Avere incarichi all’interno di un sindacato.