Disturbi del linguaggio: l'importanza della scuola primaria
I disturbi del linguaggio possono compromettere lo sviluppo delle capacità comunicative e relazionali di un bambino in età prescolare e scolare. Infatti, uno degli aspetti che differenzia l’uomo dagli altri animali è rappresentato dal linguaggio.
Spesso, però, alcuni bambini presentano più difficoltà, rispetto a tutti gli altri, nell’acquisizione di questa facoltà fondamentale. Insomma, non sempre l’acquisizione delle abilità di comunicazione è immediata e automatica.
Questa tipologia di disturbi del neurosviluppo, purtroppo, è spesso di lunga durata, il che può avere delle ripercussioni anche in seguito. Se il bambino in età scolare non ha superato questo tipo di problema, anche le sue capacità di acquisire le abilità di letto-scrittura verranno irrimediabilmente compromesse.
La buona notizia, però, è che sui disturbi della comunicazione e del linguaggio si può intervenire. In questa guida li approfondiremo in dettaglio, scoprendo anche come agire in caso di difficoltà. Vedremo inoltre qual è il ruolo della scuola primaria quando il bambino presenta questa tipologia di difficoltà.
Disturbi del linguaggio: di cosa si tratta
Iniziamo, in primis, con le definizioni. Quando parliamo di disturbi del linguaggio, intendiamo un ampio ventaglio di disturbi del neurosviluppo che possono interessare i bambini. Si stima che queste problematiche riguardino dal 2 al 7% dei bambini.
La loro individuazione e definizione, purtroppo, è resa difficile perché, ad oggi, non c’è accordo in merito alla classificazione.
Classificare i disturbi linguistici è difficile perché, in generale, l’acquisizione delle abilità linguistiche non avviene per tutti allo stesso modo. In questo senso, bisogna tener conto del fatto che c’è un’enorme variabilità individuale. Esistono poi i cosiddetti late talkers, i cosiddetti bambini parlatori tardivi.
A differenza della maggior parte dei bambini, che sviluppano le competenze linguistiche intorno ai 3 anni, i late talkers hanno uno sviluppo tardivo, che si estende fino ai 4 anni. E sono proprio i parlatori tardivi coloro che, spesso e volentieri (ma non sempre) manifestano successivamente disturbi della comunicazione.
In generale, comunque, possiamo dire che i disturbi del linguaggio si suddividono nei cosiddetti DSL (acronimo di disturbi specifici del linguaggio) e disturbi di linguaggio secondari. Questi ultimi sono quelli che derivano da altre patologie primarie.
I DSL, invece, non dipendono da altre affezioni. Le loro cause non sono ancora state individuate, ma sembrano in parte genetiche. Non a caso, nella famiglia di un bambino con disturbo primario, c’è spesso un componente che ha segnalato il medesimo problema.
Una definizione di disfasia infantile
Un tempo, per indicare i disturbi del linguaggio, si utilizzava il termine “disfasia infantile”. Con questo termine si indicavano quei disturbi linguistici che si manifestano con difficoltà nell’uso del linguaggio, inclusa la mancanza di capacità di ordinare correttamente le parole all’interno di una frase.
In ogni caso, i sintomi e i segni della disfasia erano variabili, e ad ogni modo si tratta di un termine ormai superato.
Il termina disfasia infantile, ad oggi, è stato infatti sostituito con quello più corretto di Disturbo Specifico di Linguaggio (il DSL di cui abbiamo parlato al paragrafo precedente).
Come vengono classificati i disturbi della comunicazione
Mentre i disturbi di linguaggio secondari derivano da una patologia primaria, i DSL sono specifici. Si manifestano, cioè, senza una concomitante patologia e in assenza di altre problematiche.
I DSL rappresentano però una categoria di difficoltà molto vasta. La classificazione dipende dal sistema utilizzato: il DSM-V individua quattro tipi di DSL, mentre l’ICD-10 ne prevede tre.
Secondo il DSM-V, possiamo suddividere i disturbi come segue:
- del linguaggio misto (dell’espressione e della ricezione del linguaggio)
- fonetico-fonologico
- della fluenza (quella che un tempo veniva definita come balbuzie
- della comunicazione sociale e pragmatica.
Se, invece, facciamo riferimento all’ICD-10, distinguiamo:
- disturbo specifico dell’articolazione;
- disturbo del linguaggio espressivo;
- disturbo del linguaggio ricettivo.
I disturbi del linguaggio e le ripercussioni a scuola
Purtroppo, i disturbi del linguaggio sono molto frequenti in età evolutiva. Il loro trattamento prima dell’ingresso alla scuola primaria è fondamentale per evitare difficoltà negli apprendimenti scolastici.
Infatti, anche se il disturbo è lieve, spesso è in grado di intervenire negativamente sugli apprendimenti della lettura e della scrittura.
Per questa ragione, al minimo segnale di disturbo linguistico, anche in età prescolare, è fondamentale rivolgersi ad un neuropsichiatra infantile per la diagnosi di DSL e, successivamente, ad un logopedista per la riabilitazione.
È stata infatti ampiamente dimostrata una stretta connessione tra DSL e Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
I piccoli con difficoltà di linguaggio, in sostanza, hanno buona probabilità di manifestare un DSA all’ingresso della scuola primaria.
Il ruolo della scuola primaria: come aiutare concretamente in caso di DSL
Ma come può agire la scuola primaria in caso di disturbi del linguaggio?
Come abbiamo detto, diagnosi e trattamento spettano esclusivamente agli specialisti. Il che significa che, in caso di sospetto disturbo del linguaggio, insegnanti e personale scolastico dovranno allertare le famiglie. Le quali dovranno rivolgersi a NPI e logopedisti.
Tuttavia, la scuola primaria può aiutare il bambino con disturbi linguistici non solo con una segnalazione alla famiglia, agendo quindi in maniera indiretta.
Si potrà anche aiutare il bambino in maniera diretta, tramite attività ludiche e laboratori in classe.
Le attività consigliate
Innanzitutto, occorre educare il bambino all’ascolto. Bisogna, cioè, proporre dei giochi che possano aiutarlo a riconoscere suoni diversi. In questo senso, i giochi di discriminazione sonora sono molto utili.
Per allenare la discriminazione, si possono proporre delle coppie di suoni simili o diversi e richiedere al piccolo di indicare se la coppia udita è uguale o meno.
Nel caso di bambini un po’ più grandi, poi, si possono proporre i cosiddetti giochi metafonologici. Si tratta di attività che prevedono fusione e separazione sillabica, o la selezione di parole che iniziano con la medesima sillaba.
Queste attività possono essere proposte per preparare i bambini agli apprendimenti della letto-scrittura.
Gli insegnanti, infine, dovranno tenere a mente che, molto spesso, i piccoli con disturbi di linguaggio sono ben consapevoli delle loro difficoltà. Per questo, sono frequentemente diffidenti e potrebbero rifiutarsi di partecipare alle attività proposte.
Questo scoglio potrà essere superato trasformando le attività di potenziamento in attività ludiche. Attività nelle quali anche gli altri membri della classe dovranno essere coinvolti.