Il reato del depistaggio
Il depistaggio è un reato che è stato introdotto in tempi relativamente recenti. Nel contesto giuridico italiano, si parla per la prima volta di questo reato nel 2016.
Con l’introduzione di un nuovo articolo del Codice Penale, sono stati messi in risalto sia la ratio dell’incriminazione, sia l’oggetto della tutela. L’articolo introdotto nel 2016, inoltre, fa riferimento al dolo specifico e alle qualifiche soggettive, al fine di distinguere la frode in processo penale e depistaggio da altri crimini simili.
L’introduzione del reato di frode in processo penale e depistaggio
Nel contesto giuridico e normativo del nostro Paese, il reato di depistaggio è stato introdotto con l’Art. 375 del Codice Penale.
Si tratta di un articolo discusso alla Camera dei Deputati il 5 luglio 2016, quando venne approvato l’apposito disegno di legge per introdurre nel Codice Penale il reato di frode in processo penale e depistaggio.
L’Art. 375, oltre a introdurre il nuovo reato, prevede la reclusione dai 3 agli 8 anni se è un pubblico ufficiale (o un incaricato di pubblico servizio) a ostacolare e depistare le indagini.
Sono previste diverse azioni che possono condurre ad un depistaggio. Il colpevole può innanzitutto ostacolare le indagini mutando artificiosamente il corpo del reato, ma anche luoghi, cose o persone ad esso legati.
Allo stesso modo, è ritenuto colpevole chi afferma il falso, nega il vero o tace su ciò che sa, in tutto o in parte.
Il depistaggio è un reato proprio, perché il soggetto attivo è individuato solamente in un pubblico ufficiale. In alternativa, può trattarsi di un incaricato di pubblico servizio.
Il disegno di legge iniziale prevedeva che anche i cittadini comuni potessero essere accusati di depistaggio. Il testo finale approvato alla Camera, tuttavia, lo ha reso un reato proprio dei pubblici ufficiali.
Il dolo specifico è elemento soggettivo: non bastano coscienza e volontà. È necessario che il soggetto impedisca, ostacoli o si impegni a sviare le indagini perché si possa parlare di reato di frode in processo penale e depistaggio.
Il reato prima del 2016
Nonostante sia stato introdotto come reato solamente nel 2016, si parla di depistaggio da molti anni.
Il termine deriva dal francese dépister, che possiamo tradurre con “sviare”. Questo termine ha quindi da sempre indicato l’atto di sviare indagini o procedimenti giudiziari.
Viene utilizzato anche nel linguaggio comune quando qualcuno cerca di confondere prove e situazioni. Tuttavia, in base a quanto detto fino ad ora, appare chiaro che nel contesto giuridico italiano questo termine assume un significato ben più tecnico.
Prima dell’introduzione del reato nel 2016, i comportamenti di depistaggio venivano puniti attraverso altri reati, quali ad esempio la falsa testimonianza, l’inquinamento delle prove o l’istigazione a mentire.
Tuttavia, dati i numerosi casi balzati alle cronache soprattutto negli ultimi anni, in cui rappresentanti dello Stato o pubblici ufficiali hanno deviato indagini andando contro il pubblico interesse, è stato necessario introdurre e prevedere questo reato proprio.
Quando si parla di depistaggio aggravato
Secondo quanto previsto dall’Art. 375 del Codice Penale, si parla di depistaggio aggravato in diversi casi.
Innanzitutto, quando vengono distrutte, danneggiate o occultate prove, o se queste sono alterate o create artificiosamente.
È aggravato, inoltre, se il depistaggio viene commesso in relazione ad altri specifici reati connessi a conseguenti procedimenti penali. In questo caso, la pena è più lunga: si parla di reclusione dai 6 ai 12 anni.
Ci sono però anche dei casi in cui la pena detentiva può essere ridotta. Quando il colpevole riesce a ripristinare le prove, riportandole allo stato originario, o se si adopera affinché vengano evitate ulteriori conseguenze.
Anche quando il colpevole si impegna ad aiutare le Forze dell’Ordine o i giudici alla ricostruzione dei fatti che hanno portato al depistaggio si può ottenere una riduzione.
I casi di non punibilità
La normativa italiana prevede inoltre dei casi in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio non possono essere puniti per il reato di depistaggio.
Le novità normative hanno infatti introdotto una modifica all’Art. 376 del Codice Penale, in cui si afferma la non punibilità del colpevole nel caso in cui, entro la chiusura del dibattimento, si impegni a manifestare il vero.
In sostanza, chi ha attuato il depistaggio può pentirsi a inizio processo. In questo caso, se racconterà la verità, non sarà più punibile.
Differenza tra depistaggio e ostruzione alla giustizia
Spesso, soprattutto in ambito mediatico, il termine depistaggio viene utilizzato impropriamente come sinonimo di ostruzione alla giustizia. Eppure, anche se i due termini presentano alcuni tratti simili, si tratta comunque di due fattispecie molto diverse tra loro.
Infatti, l’ostruzione alla giustizia può assumere diverse forme, dalla distruzione delle prove a minacce ai testimoni, al fine di indurli al silenzio.
Al contrario, il reato di depistaggio è molto più specifico e, come abbiamo visto, consiste nell’inquinare prove o crearne di false. In alternativa, si concretizza con manipolazioni o omissioni.
Non dobbiamo poi dimenticare che l’ostruzione alle indagini può essere commessa da qualunque cittadino. Il depistaggio, come abbiamo più volte ribadito, è un reato proprio, e per questo viene commesso da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.
La falsificazione della scena del crimine
Non di rado, purtroppo, il termine “depistaggio” è utilizzato anche come sinonimo di manipolazione alla scena del crimine. Anche in questo caso, i due concetti sono differenti.
La semplice alterazione fisica o materiale del luogo del reato, come spostare un corpo, contaminare un oggetto o inscenare dinamiche diverse da quelle reali, non costituisce automaticamente il reato di depistaggio.
La falsificazione della scena del crimine è piuttosto una tecnica, un mezzo materiale, che può essere utilizzato per raggiungere il fine del depistaggio.
Dobbiamo però ricordare che, perché si configuri il reato, è necessario che siano presenti alcuni elementi specifici:
- l’intento doloso di ostacolare la giustizia
- la consapevolezza del soggetto agente
- la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
Questa distinzione è doverosa da fare, in quanto se un soggetto privato altera la scena del crimine, può essere imputato per altri reati, ma non per depistaggio in senso stretto. Al contrario, quando la manipolazione viene eseguita da chi ha responsabilità istituzionali, e lo fa per proteggere sé stesso o terzi, possiamo parlare di depistaggio propriamente detto.