Congedo parentale: scopri come funziona e quanto dura
Il congedo parentale è un argomento che è stato a lungo tra i più discussi in occasione di molte elezioni politiche, in Italia ma anche in molti altri paesi esteri, soprattutto in quelli più sviluppati. Non è un segreto, infatti, che le politiche di aiuto e sostegno economico per i neogenitori siano un ambito all’interno del quale si possono notare più di una caratteristica del Paese di riferimento. Una sorta di ‘metro di paragone’ relativo alla prosperità economica e buona gestione organizzativa di una nazione, per così dire. Non a caso, durante gli ultimi anni si è sentito spesso parlare di paesi, tra cui la Finlandia o altri paesi scandinavi, notoriamente conosciuti ai più come paesi ricchi e ‘sempre un passo più avanti’, proprio per le loro riforme relative al congedo parentale. Se in alcuni di questi paesi, al giorno d’oggi, anche i novelli papà possono rimanere a casa quanto le loro compagne (e anzi, sono incoraggiati a farlo), e continuare a godere della propria retribuzione, si tratta ancora di scenari un po’ utopici per il resto dei paesi del mondo che, chi più chi meno, non hanno una disponibilità così ampia di fondi e assetti economici da destinare alle nuove famiglie.
In Italia, il dibattito che riguarda il congedo parentale è a volte ancora un po’ acceso, ma non ci si può certo lamentare: basti pensare che in alcuni paesi del mondo (tra cui gli Stati Uniti), i padri non hanno diritto a nessun congedo dopo la nascita di un figlio. Ma come funziona esattamente il congedo parentale in Italia? Di seguito, andremo ad illustrare brevemente di cosa si tratta, chi può usufruirne e secondo quali modalità.
Cos’è il congedo parentale
Si intende come congedo parentale un periodo di tempo durante il quale un genitore si assenta dal lavoro, per prendersi cura di un figlio. Durante questo periodo, il genitore continua a ricevere un’indennità, seppur ridotta rispetto allo stipendio normale. Nel caso di nucleo familiare con due genitori, la madre può assentarsi dal lavoro per un periodo non superiore ai sei mesi complessivi, mentre il padre può arrivare a sette mesi in condizioni particolari. Se il genitore è singolo, può usufruirne per un massimo di dieci mesi.
Durante il periodo del congedo parentale, la retribuzione si riduce al 30% dello stipendio giornaliero ricevuto in circostanze standard.
Tale richiesta può essere fatta e accettata senza variazioni entro i primi sei anni dalla nascita o adozione del bambino, mentre tra il sesto e l’ottavo anno da essa la retribuzione è riconosciuta solo in determinati casi. Tra ottavo e dodicesimo anno, limite ultimo per poter usufruire del congedo parentale, non è prevista alcuna retribuzione, soltanto il mantenimento del posto di lavoro.
Congedo parentale e congedo di maternità: le differenze
Il termine congedo di maternità differisce da congedo parentale in più di un aspetto. In primo luogo, il congedo di maternità, in Italia, è riservato solo ed esclusivamente alla madre (non esiste quindi il famoso ‘congedo di paternità’ che vantano alcuni paesi del Nord Europa e qualche altro raro caso nel mondo); altra differenza fondamentale è il fatto che il congedo di maternità è obbligatorio, mentre il congedo parentale è facoltativo e può essere ottenuto solo previa richiesta. Un’ulteriore differenza risiede nel fatto che il congedo di maternità è obbligatoriamente a ridosso di una nascita o adozione, mentre il congedo parentale può essere richiesto e sfruttato entro i sei anni da essa (o entro i dodici, con riduzioni della retribuzione).
Una donna in procinto di dare alla luce o di adottare un bambino, secondo la legge italiana, è soggetta ad un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro della durata di cinque mesi. Dal 2019, è possibile, previo accertamento delle condizioni di salute della gestante da parte di un medico competente, scegliere se astenersi nei due mesi precedenti al parto, seguiti dai tre mesi successivi ad esso, o durante i cinque mesi immediatamente successivi al parto. Eventuali allungamenti di tale periodo possono essere assegnati nel caso di determinate condizioni di salute. Durante questo periodo, la lavoratrice riceve l’80% dello stipendio che riceverebbe in condizioni di retribuzione e lavoro normali, il che costituisce un’ulteriore differenza con il congedo parentale.
Chi può richiedere il congedo parentale
Le normative descritte qui sopra valgono per tutti i lavoratori dipendenti. La situazione cambia abbastanza per i detentori di partita IVA, i lavoratori a domicilio e altre categorie che rientrano nella cosiddetta gestione separata. Nel caso di questi ultimi, infatti, il periodo temporale di congedo parentale ammesso si dimezza, e può essere richiesto solo dalla madre, salvo morte della stessa o gravi condizioni di salute. Per tutte le informazioni necessarie, invitiamo a rivolgersi al sito dell’INPS.