Commercialisti in calo: il numero dei praticanti in diminuzione
I commercialisti, come è noto ai più, sono esperti in varie attività in ambito commerciale, societario e fiscale. Ma purtroppo, ad oggi, sono sempre di meno praticanti e tirocinanti in Italia.
Analizziamo insieme al meglio i dati e le motivazioni emerse.
Indice
Commercialisti: una professione in decrescita
Si evidenzia, a partire già dal 2022, una netta diminuzione del numero di praticanti commercialisti. Nel 2022, infatti, gli iscritti alla sezione del registro dedicata ai tirocinanti erano già calati dell’8,4% arrivando a quota 12.781 unità.
Nel 2023 si è inoltre registrata per la prima volta una crescita pari a zero degli iscritti all’albo di categoria. Ad oggi in Italia, mentre il Registro dei praticanti vede una discesa dei professionisti, gli iscritti all’Albo equivalgono a circa 120 mila.
Calano, quindi, di ben 1.173 unità i praticanti commercialisti su suolo italiano. Purtroppo i dati non fanno altro se non evidenziare un trend che ormai va avanti da anni. I risultati, sommati alla crescita zero degli iscritti all’albo segnala una scarsa attrattività della professione.
Sul piano territoriale si conferma nuovamente anche il trend asimmetrico tra Nord e Sud, che interessa l’andamento delle iscrizioni:
- Nord: crescita degli iscritti pari a +0,6%;
- Sud: decrescita degli iscritti pari a -0,6%;
- Centro: registra all’incirca -0,1% d’iscrizioni.
Alla scarsa attrattività della professione attuale però fa da contraltare un’attività già essere abbastanza corposa. I professionisti superano infatti le 120 mila unità e si registra un aumento dell’11,9%, ovvero di 12 unità annuali.
Guardiamo dunque insieme il lato positivo della medaglia.
I numeri positivi
Come abbiamo accennato i professionisti superano ad oggi le 120 mila unità, in percentuale del 11,9%.
Entrando nello specifico aumentano:
- componenti della sezione B dell’Albo esperti contabili, saliti a un ritmo del 9,5%,
- società tra professionisti e i redditi, che segnano un + 9,3%, con un valore medio di 68.073 euro;
- solo gli iscritti nella sezione A commercialisti, scendono dello 0,2%.
Numeri positivi anche per quanto riguarda i guadagni della categoria. Il reddito professionale netto medio dei commercialisti è infatti sensibilmente aumentato. Il Consiglio nazionale e la Fondazione nazionale di ricerca della categoria hanno reso pubblici i seguenti dati:
- 9,3%: tasso di crescita annuale;
- 68.073: valore medio;
- 10,5%: crescita del reddito mediano, portandosi a 39.249 euro pari al 57,6% di quello medio e superiore.
In media dunque il reddito professionale netto medio risulta essere in aumento del 13,7%. Lo stesso, espresso in termini reali al netto dell’inflazione, è diminuito del 10,0%.
Questi sono solo alcuni dei numeri presenti nel rapporto annuale sull’albo dei dottori commercialisti. Analizziamo ora insieme la nuova edizione del Rapporto annuale sull’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Lo stesso è stato pubblicato dalla Fondazione nazionale di ricerca della categoria.
Commercialisti: rapporto annuale e riflessioni
Nello specifico i dati riportati dal Rapporto annuale sull’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili sottolineano che:
Dopo il +0,6% dello scorso anno, gli iscritti al Sud diminuiscono ad un tasso dello 0,6%. In particolare, nelle Isole il decremento è stato dello 0,5%, mentre nelle Sud si registra una contrazione del numero del – 0,6%). Meno iscritti anche nel Nord, dove si assiste ad un rallentamento:
regione nordica nel suo complesso: dal +1,2% del 2022 al +0,56% attuale;
Nordovest: dal +1,3% del 2022 al +0,7% attuale;
Nordest : in crescita con un +0,5% rispetto al +1% del 2022.
A guidare la crescita al Settentrione è la Lombardia con il +0,8% (+163 professionisti). In calo invece d ello 0,9% della Puglia.
Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti de Nuccio si è espresso indicando l’importanza di una riflessione alla luce dei risultati.
Il tema demografico generale del nostro Paese è estremamente drammatico. Solo di recente se ne è preso finalmente atto con la dovuta attenzione ma è ormai in progressivo peggioramento da più anni.
Ad oggi infatti in Italia, quasi non esistono settori economici e professionali maturi, in cui non stiano venendo a mancare talenti adeguati per garantire il ricambio generazionale.
Il problema del calo demografico
Purtroppo da numerosi anni l’Italia sta attraversando una fase costante di invecchiamento della popolazione. Innanzitutto il tasso di natalità è diminuito: secondo dati ISTAT la media di figli per donna è, tra il 2019 e il 2023, di 1,32 cadauna. Tale numero è in continua netta diminuzione dal 2008. In più, sono per fortuna in forte aumento la longevità, i miglioramenti in campo medica e la qualità della vita.
Il mutamento della struttura e la crisi demografica conseguente sono ormai un dato di fatto. Tale considerazione è molto importante sia dal punto di vista analitico che pratico. Gli istituti che si occupano di ricerca possono così evidenziare la realtà e contribuire a guidare un cambiamento che è già in atto.
Il calo demografico attualmente registrato dal Censis nell’anno corrente è allarmante. Il 56esimi rapporto sulla situazione sociale del Paese rilascia dati non di certo promettenti. Se la situazione dovesse procedere allo stesso modo, o peggiorare, ci saranno conseguenze estreme per il futuro.
Non è previsto un miglioramento per il futuro. Anzi, purtroppo si prospetta che tra dieci anni la popolazione tra i 3/8 anni scenderà ancora. Dagli attuali 8,5 milioni arriverà a 7,1 milioni e nel 2042 potrebbe ridursi a 6,8 milioni.
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