Bullismo e cyberbullismo tra i giovani
A distanza di anni dal conio del termine cyberbullismo, questo concetto, così profondamente legato al Ventunesimo secolo e ai modi di vivere e interagire che lo caratterizzano, continua a far parlare di sé. Se il bullismo in sé è qualcosa con cui si è abituati a fare i conti da svariate generazioni a questa parte, la sua controparte legata al mondo del Web è ancora piuttosto poco capita da molti, soprattutto adulti. Non a caso, i comportamenti legati al cyberbullismo in particolare riguardano (e feriscono) soprattutto i più giovani: sono proprio gli individui appartenenti alla cosiddetta gen z ad essere stati soggetto, di recente, di importanti studi condotti al fine di identificare come si sta evolvendo la situazione legata al bullismo, online e offline, nel corso degli ultimi anni.
Lo studio del CNR del 2019 e i dati riportati
All’inizio del mese di Marzo 2021 è stato pubblicato, sul International Journal of Environmental Research and Public Health, un report del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano (CNR) relativo ad un’indagine condotta nel 2019 riguardo le tendenze giovanili in relazione a bullismo e cyberbullismo (questo il link per chi volesse leggere il report completo – in inglese, da scaricare, è accessibile gratuitamente). Questa indagine ha avuto come obbiettivo in particolare quello di identificare, attraverso la presenza più o meno marcata di certi atteggiamenti ed opinioni nei confronti di certi fattori di rischio e non, l’evoluzione del coinvolgimento (o rischio di coinvolgimento) dei giovani in dinamiche legate alla violenza sociale, come attori, vittime o spettatori. Lo studio è stato condotto nel 2019, ed ha coinvolto un campione di ben 3273 ragazzi di età compresa tra i quattordici e i diciannove anni (studenti delle scuole superiori).
Bullismo e cyberbullismo: fattori di rischio e fattori protettivi
Senza inoltrarci troppo nel dettaglio, va riportato che il gruppo di ricercatori del CNR che si è occupato di questa raccolta ed elaborazione dati è arrivato ad identificare, a fine ricerca, in particolare, cinque fattori di rischio e cinque fattori cosiddetti ‘protettivi’ da esso. Alla prima categoria appartengono la tolleranza, da parte dei giovani intervistati, di comportamenti e affermazioni razziste, xenofobe, omofobiche, sessiste o violente in generale, oltre che di affermazioni di autostima esageratamente alta. Ai fattori che indicherebbero una tendenza a non farsi coinvolgere in fenomeni di bullismo, invece, appartengono la bassa opinione di, o scarsa tolleranza verso, il consumo di droghe e alcool, la presenza del sentimento di fiducia nei confronti di famigliari e amici, e la consapevolezza dell’essere donna.
Cosa indicano questi dati
Quello che emerge dai dati riportati dal CNR è, in un certo senso, una serie di atteggiamenti che paiono essere indicatori di maggior vulnerabilità al bullismo e al cyberbullismo, non solo in situazioni di coinvolgimento in prima persona, bensì anche in termini di tolleranza verso di esso. Un ragazzino che non è in grado di riconoscere la gravità di un insulto razzista, omofobo, sessista o di altro genere, è maggiormente suscettibile ai rischi della violenza sociale. Contrapposto a questo, i fattori protettivi parrebbero essere indicatori di una maggior consapevolezza del problema da parte dei giovani, indice di maggior criticità a minor vulnerabilità nei confronti di comportamenti violenti.
Bullismo vs cyberbullismo: perché è importante conoscere le differenze
Perché è importante continuare a educare bambini e adulti al concetto di cyberbullismo tanto quanto a quello di bullismo? Soprattutto ai giorni nostri, è evidente come le differenze fra i due non siano più così marcate, e come uno influenzi l’altro e viceversa. In una società in cui il virtuale è presente, sotto molteplici punti di vista, in misura pari al reale (se non addirittura maggiore, in alcuni casi), è importante delineare i confini tra i due, in modo da far sì che soprattutto i giovani non abbiano un’immagine distorta della loro realtà, che non crescano e vivano in un mondo dove il virtuale ha la stessa importanza, se non addirittura di più, della vita reale, tangibile, quotidiana.
Un modo di approcciarsi alle relazioni sociali in continuo mutamento
Indagini come quella condotta dal CNR sono di fondamentale importanza non solo per attivarsi ed educare i giovani rispetto a queste tematiche, ma anche per monitorare come si evolvono le modalità di socializzazione in relazione all’uso di Internet e non solo. Come afferma uno degli autori dello studio, Antonio Tintori, questa ricerca ha evidenziato alcuni nessi causali tra fattori psicologici e certi tipi di violenza, ma ha anche evidenziato come questi comportamenti violenti si stiano spostando sempre di più all’interno della sfera dei social media e delle interazioni virtuali. Questi dati sono importanti per continuare a monitorare l’evoluzione delle dinamiche di influenza, interazione e violenza sociale, evoluzione portata avanti prima di tutto dalle nuove generazioni.
Isolamento sociale, Covid-19 e i rischi che comportano per i giovani
Non è infrequente, di questi tempi, trovarsi di fronte a dati preoccupanti riguardo il malessere sociale dei giovani generato dall’emergenza sanitaria Covid-19 (Il Fatto Quotidiano riporta numeri allarmanti, così come Ansa e molte altre testate): il denominatore comune fra essi pare essere che l’isolamento sociale, insieme ad altri fattori derivanti dalla pandemia, abbia intensificato l’incidenza di fenomeni di cyberbullismo in particolare. Alla luce di quanto riportato dal CNR, è importante chiedersi quanto la situazione che stanno vivendo i giovani influirà sull’evoluzione della socializzazione tra essi. Per avere statistiche complete, dovremo probabilmente aspettare ancora qualche tempo; per ora, possiamo limitarci a osservare i nostri comportamenti, quelli di chi ci è vicino, e agire per limitare la diffusione di bullismo e cyberbullismo, servendoci anche di ciò che ci dicono i dati pubblicati.