Virgin Active Italia multata da A.G.C.M.
Il nome di Virgin Active Italia è ben noto agli appassionati di sport, dato che la società è leader internazionale nel settore dei centri fitness e benessere. Virgin vanta più di 250 club a livello mondiale e ha una presenza ben consolidata anche nel nostro Paese. Eppure, negli ultimi mesi il nome della società è stato spesso associato a quello dell’A.G.C.M.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha infatti irrogato a Virgin Active Italia una multa milionaria, pari a 3 milioni di euro. Sembra infatti che il colosso del fitness abbia violato il Codice di Consumo, il noto Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206. Alla società, in particolare, sono state contestate delle pratiche commerciali scorrette.
Virgin Active Italia: l’accusa di pratiche commerciali sleali al colosso del fitness
Anche gli italiani meno sportivi avranno sentito parlare, almeno una volta nella vita, di Virgin Active Italia. Il colosso del fitness, attivo a livello internazionale, possiede numerose strutture su tutta la nostra Penisola: si contano almeno 40 centri nel nostro Paese.
Purtroppo, però, da una recente indagine condotta dall’A.G.C.M. è emerso un quadro di pratiche commerciali sleali ai danni degli abbonati.
Diversi iscritti hanno provveduto, nel tempo, a inviare le segnalazioni all’Antitrust. Le segnalazioni dei consumatori hanno messo in luce clausole contrattuali non chiare, oltre che diverse problematicità relative al periodo post-abbonamento.
Il caso Virgin Active Italia, tra l’altro, deriva da segnalazioni plurime e non dall’iniziativa di un singolo. Questo ha condotto a un vero e proprio procedimento da parte dell’A.G.C.M., che ha contestato al colosso del fitness le modalità di sottoscrizione degli abbonamenti.
L’intervento di A.G.C.M.: gli “ostacoli all’esercizio della facoltà di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta” e la sanzione da 3 milioni di euro
In dettaglio, il procedimento dell’A.G.C.M. ha contestato a Virgin Active Italia le modalità con cui i contratti di abbonamento venivano sottoscritti.
Secondo l’Antitrust, tali modalità erano “non idonee a fornire adeguate informazioni al consumatore sui termini e le condizioni di adesione, di rinnovo, di disdetta e di recesso anticipato da tale contratto”.
È stato inoltre sottolineato come mancassero comunicazioni preventive quando la data di scadenza del contratto si avvicinava. In sostanza, ai consumatori non veniva ricordato che il contratto era in scadenza, e che l’azienda avrebbe provveduto al rinnovo automatico.
Allo stesso modo, ai consumatori non veniva comunicato il termine utile per l’eventuale disdetta. L’A.G.C.M. ha evidenziato infine la “presenza di ostacoli all’esercizio della facoltà di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta”.
Il procedimento istruttorio, avviato dall’A.G.C.M. dopo numerose segnalazioni da parte di utenti e associazioni, ha permesso di trarre diverse conclusioni.
Virgin Active Italia avrebbe in sostanza avviato diversi rinnovi automatici dei contratti, rinnovi avvenuti però senza fornire adeguata informativa preventiva. Inoltre, la società si sarebbe macchiata di mancata trasparenza nelle clausole contrattuali. I clienti, in sostanza, non conoscevano le esatte condizioni di rinnovo e di recesso.
Tutti questi elementi, secondo l’Antitrust, rappresentano una violazione del Codice del Consumo. Per questa ragione, l’A.G.C.M. ha infine irrogato una multa da 3 milioni di euro a Virgin Active Italia. La decisione è arrivata lo scorso 10 giugno 2025.
Le pratiche commerciali scorrette contestate a Virgin Active
L’indagine condotta dall’A.G.C.M. ha permesso di mettere in luce alcune pratiche commerciali scorrette attuate da Virgin Active Italia nei confronti dei propri iscritti.
Sono due, in particolare, gli aspetti critici che A.G.C.M. ha considerato nella propria istruttoria.
Il primo riguarda la mancanza di trasparenza nel caso dei rinnovi automatici. Stando alle segnalazioni di numerosi iscritti, gli abbonamenti come abbiamo anticipato venivano rinnovati senza una comunicazione preventiva. In questo modo, moltissimi iscritti ignari si sono ritrovati con un contratto rinnovato senza averne consapevolezza.
Il secondo aspetto critico, poi, riguarda gli ostacoli al recesso “per impossibilità sopravvenuta”. Sebbene questo sia in realtà un diritto del consumatore, di fatto il recesso veniva ostacolato da Virgin. Nel caso in cui, ad esempio, per trasferimenti o malattie, i consumatori si trovassero a dover recedere il contratto prima della conclusione, sembra che l’azienda abbia avviato procedure complesse per scoraggiare il recesso.
La questione degli aumenti e delle informazioni insufficienti
L’A.G.C.M. ha inoltre analizzato diverse denunce da parte degli utenti in merito a aumenti non chiaramente comunicati, oltre che alle informazioni insufficienti.
In merito agli aumenti, in tanti hanno riportato che spesso l’azienda comunicava delle maggiorazioni tramite cartelli affissi nelle bacheche delle palestre. Molto spesso, quindi, i clienti non erano avvisati ufficialmente e si ritrovavano con abbonamenti maggiorati senza aver avuto alcuna comunicazione preventiva.
Inoltre, stando alle testimonianze di diversi abbonati, Virgin Active Italia avrebbe spinto i clienti a firmare i contratti via tablet. Una situazione che, di fatto, impediva di leggere le clausole. Molti utenti hanno infatti riportato che l’unica sezione visibile a chi firmava era proprio lo spazio della firma digitale. Leggere le clausole del contratto dal tablet era impossibile.
E, nella maggior parte dei casi, la copia del contratto, anche quando questo veniva firmato, non è stata fornita agli abbonati.
Il quadro normativo di riferimento: Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo)
Le criticità riscontrate dall’A.G.C.M. fanno parte delle cosiddette pratiche commerciali sleali. Si tratta di pratiche che rappresentano una violazione del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, meglio noto come Codice del Consumo.
Stando al parere dell’Antitrust, Virgin Active Italia avrebbe puntato sulla “fidelizzazione forzata” dei propri abbonati violando la libertà contrattuale.
In realtà, secondo quanto disposto dal Codice del Consumo, le pratiche commerciali dovrebbero essere trasparenti. Il consumatore non dovrebbe essere indotto in alcun modo in errore. Inoltre, i contratti non possono contenere clausole che limitino i diritti dei consumatori.
Quanto al diritto di recesso, questo deve essere accessibile soprattutto in presenza di ostacoli. In merito ai rinnovi automatici, infine, questi devono necessariamente essere comunicati in maniera chiara e trasparente.
Alla luce di quanto previsto dalla normativa, quindi, l’Antitrust ha contestato a Virgin Active una violazione sistematica del Codice del Consumo. Una violazione che è costata alla società una multa plurimilionaria.