I falsi miti della professione forense
12 luglio 2016 – Tra i professionisti, gli avvocati sono di certo tra quelli più “chiacchierati”. Forse perché molti preferirebbero non doverci avere mai niente a che fare, di pregiudizi e miti sui legali ce ne sono davvero troppi.
Di certo l’immagine che la professione aveva qualche anno fa ha contribuito ad alimentare alcune etichette affibbiate agli avvocati, ma oggi le cose sono molto cambiate e non solo alcuni ma quasi tutti i miti sulla professione forense devono essere sfatati.
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Innanzitutto: è proprio vero che gli avvocati sono ricchi? Basta guardare ai numeri degli ultimi anni per non avere alcun dubbio che la risposta sia no.
Dal rapporto di Cassa forense relativo al 2015 è emerso che gli avvocati under 30 guadagnano in media meno di 10mila euro l’anno e per arrivare a 30mila bisogna far trascorrere almeno un decennio e raggiungere i 40 anni.
Senza considerare che un numero di legali pari all’8,1% ha addirittura dichiarato un reddito pari a zero. Considerando che i contributi previdenziali vanno comunque pagati, non è necessario essere dei grandi matematici per scovare il segno meno davanti alle finanze personali.
A nord, però gli avvocati sono più ricchi che al sud…e non di poco! La differenza tra i redditi medi supera i 30mila euro.
Altro mito da sfatare (almeno in parte) è quello che gli avvocati sono una casta.
Anche in questo caso ad aiutare sono i numeri: l’Italia, infatti, è il terzo paese europeo per quantità di avvocati. Almeno su questo siamo sul podio!
Più precisamente ci sono in media circa 4 avvocati ogni mille abitanti e la densità più elevata si riscontra in Calabria dove su mille abitanti, 6,8 esercitano la professione forense.
Certo, purtroppo, chi è già inserito ruba molti degli spazi disponibili e i giovani hanno difficoltà a introdursi e lavorare, nonostante talvolta siano anche molto qualificati. In questo senso sì che è ancora possibile parlare di casta.
La cosa più sbagliata che si può dire è, poi, che gli avvocati sono insensibili alle vicende umane!
La professione forense è una di quelle per le quali è davvero difficile tracciare i confini tra vita personale e lavoro e gli echi delle problematiche umane con le quali i legali si confrontano ogni giorno si riverberano anche tra le mura domestiche.
Tanto che è ormai noto che gli avvocati rientrano tra i professionisti che più di tutti soffrono di disagi e disturbi psicologici, che talvolta si trasformano in vera e propria depressione. Certo sono numerosi gli aspetti che incidono su tale circostanza, ma le vicende umane con le quali i legali si confrontano quotidianamente e le responsabilità che si assumono nel gestirle giocano un ruolo rilevante.
Se vogliamo anche qui guardare alle percentuali, un recente studio co-finanziato dalla ABA e Hazelden ha raccontato che il 36% degli avvocati ha problemi con l’alcol, il 28% soffre di depressione e il 19% soffre di ansia. Siamo sicuri che si tratti di problemi compatibili con l’insensibilità?
C’è infine un famosissimo personaggio letterario con il quale gli avvocati devono confrontarsi sempre durante la loro carriera: l’Azzeccagarbugli.
Nei Promessi Sposi, veniva chiamato così il noto avvocato per la sua capacità di tirare le persone fuori dai guai non sempre in piena onestà.
Ma di “avvocati da strapazzo” (significato dato dal vocabolario Treccani al termine azzeccagarbugli) non ce ne sono poi così tanti.
Dire che non ce ne è nessuno sarebbe una bugia, ma in quale professione non ci sono personaggi simili?
In generale, però, la legge è severa e interpretarla per difendere non è semplice se non si rimane nei binari dell’onestà e della rettitudine.
Fonte: Valeria Zeppilli – Studio Cataldi